Caro Giomaria,
ti stimo come
giornalista e come persona coraggiosa, lo hai dimostrato da
vicedirettore dell’Unità prima e nella sfortunata, ma importante,
avventura di Sardegna 24. E soprattutto ti credo sincero
democratico e capisco dalle tue parole, al di là del merito, un
sincero sentimento di delusione. Non so se i mali del Pd siano
quelli della divisione tra ex Ds ed ex Margherita, o se siano mali
peculiari. Vedo in tutti i partiti che nascono da rassemblement o che
hanno avuto confluenze una naturale attribuzione dei gruppi dirigenti
al percorso politico, talvolta anche con aspetti che rasentano
l’incomprensibile. Pensa che mentre erano già nati i Ds, ai quali
io avevo aderito come cattolico in una scelta bipolare netta, tra gli
ex Pds venivano attribuite etichette risalenti a decenni prima, per
cui mi presentavano (indicando da lontano qualcuno con il dito) chi
era stato psup, chi socialdemocratico, chi socialista, chi ex
manifesto, chi extraparlamentare. In tutto questo c’era e c’è
soprattutto quel pregiudizio che ci semplifica la vita di fronte ai
nostri simili, dandogli un’etichetta (non lo facciamo per molti
altri campi non politici?) e ci evita di dover conoscere le persone e
giudicarle da ciò che fanno in coerenza con ciò che dicono. Voglio
innanzitutto non condividere l’affermazione che la maggioranza dei
dirigenti siano ex qualcosa e che la maggior parte dei militanti, e
di questo sono ancora più felice, siano ex qualcos’altro.
Se
c’è una cosa che cresce sono i tanti militanti democratici nati,
senza ex qualcosa, che tra l’altro portano culture e politiche che
si scontrano con la pretesa (anche di qualche opinion maker) che il
Pd assuma posizioni che avrebbero assunto i partiti che dal passato
hanno dato origine al Pd. Poi c’è anche chi pensa nel suo
piccolo regno di usare metodi e modalità che sono da spazi
correntizi superati e da comunicazione tradizionale. Sono cose che
saranno spazzate via da questa stagione che non sarà un momento
transitorio come molti sperano. Da questa stagione il Pd uscirà
confermando le ragioni per cui è nato: un partito del futuro
dell’Italia e dell’Europa che mette insieme le culture riformiste
del secolo scorso, superate dal tempo, per costruirne una che ci
aiuti a cooperare con un mondo nuovo, che non lasci chi sta indietro
da solo, che abiti a Nuoro o a Vilnius è lo stesso, un partito che
non è rinnovamento solo sulla carta, ma che applica i limiti di
mandato (chi altri li applica?) e il codice etico (che deve cambiare
in misura di maggiore severità ma chi altri ne ha uno?), che
seleziona i suoi vertici con le primarie (chi altri lo fa?).
Ma
non voglio sottrarmi a trattare l’episodio che citi nella tua
lettera che troverei, se confermato, deprecabile e preoccupante. Preoccupante per un punto, se davvero una persona che io stimo al
di sopra di molte altre, come il fondatore della comunità la collina
si fosse trovato nelle condizioni di subire da una istituzione una
pressione tale da cambiare idea su una scelta che aveva fatto in
piena libertà. Questo mi preoccuperebbe più di quanto considero
deprecabile l’esercizio di quel potere. Per me nel Pd ci sono
regole scritte, e non scritte, che configurano uno stile nell’essere
persone pubbliche, uomini e donne nelle istituzioni. Essere uomini
pubblici comporta il confronto con l’opinione pubblica, o un costo
politico preciso se ci si sottrae. Essere uomini pubblici e
rappresentanti delle istituzioni significa essere obbligati alla
misura nell’esercizio del proprio potere. Tutto questo significa
prendersi delle responsabilità all’interno di uno stile
dell'esercizio del potere che è sottoposto al giudizio dell’opinione
pubblica.
Tu sei uno di coloro che hanno partecipato alle primarie
e che ha dato fiducia ad una coalizione (nel caso di Prodi) e ad un
partito (nel caso di Veltroni) che stava compiendo la più grande
delle imprese politiche: fondare un nuovo partito nel XXI secolo
senza essere proprietà di un singolo leader ma ad una collettività.
È quella collettività che si è assunta non un compito di giudicare
ma di partecipare a questa impresa, dal di dentro, senza mettersi
alla finestra attendendo il far bene o il fare male. Nelle scorse
settimane in questo partito si è fatta una battaglia, vinta, perché
ci si potesse iscrivere on line, senza passaggi attraverso strutture
tradizionali e nella più totale trasparenza. Nelle scorse
settimane i conflitti del Pd avevano come fondamento il tema dei
limiti di mandato per la ricandidatura alle elezioni regionali e al
Parlamento. Negli scorsi giorni gli stessi conflitti avevano come
oggetto il tema delle alleanze. Sono battaglie vere aperte, che
non riguardano chi ha un compito dirigente, ma ogni voce democratica
si voglia esprimere, anche scegliendo di aderire ad un partito che,
unico in Italia, non ha un nome di leader nel proprio simbolo. È
poco? È molto? Non so: innanzitutto è un motivo per stare dentro e
combattere dall’interno le battaglie per il campo progressista e
riformista in cui si crede. Per ciò che mi riguarda, il Pd sardo
si assume le responsabilità proprie, consapevole che i propri
elettori danno giudizi su ogni episodio come tale, sui protagonisti
dell’episodio non ritenendo che un errore o un comportamento
singolo sia necessariamente responsabilità di tutto il Partito o del
suo gruppo dirigente.
Il Pd non è un partito di soli iscritti,
ma con elettori che sono portatori di diritti e doveri, in una
reciprocità che è nuova nel panorama di tutti i partiti europei. Ma
al Pd come soggetto collettivo non attribuiamo l’errore e
l’atteggiamento di un singolo, nè pensiamo che ogni altro
democratico in quella situazione agirebbe nello stesso modo. Non
pensiamo al Pd come ad un ritratto di Dorian Gray, a cui per
incantesimo possiamo dare ogni bruttura singola di cui siamo
testimoni. Il Pd non lo merita, non lo meritano la grandissimi
maggioranza di amministratori locali che gratuitamente esercitano il
proprio dovere civico e le decine di migliaia di volontari militanti
che per 15 euro ogni anno non solo danno il loro tempo ma
contribuiscono dall’interno a fare in modo che il partito a cui
credono sia sempre migliore e sempre meno coloro che non ne danno
l’immagine che merita. Il Pd sardo ha bisogno di persone che
credano nel cambiamento non solo nel pretenderlo e nel declamarlo.
Anche con il tuo stimolo, il Pd ha proposto una legge per cambiare il
mondo dell’informazione, ma per farlo occorre essere maggioranza,
come per cambiare molte altre cose. Allora, anzichè vederti come
un elettore in uscita, mi piacerebbe che riflettessi sul fatto che se
tu fossi un iscritto in entrata, per far crescere la comunità
democratica sarda e farla essere determinante per cambiare l'isola.
I
prossimi mesi saranno per tutta l'isola un appuntamento da non
mancare.
Silvio Lai
Caro Segretario, ho apprezzato molto la tua risposta a Giomaria. Molto brevemente tengo a dirti però che stare dentro il PD sta diventando molto faticoso e frustrante per chi ha creduto nella nascita "del" Partito Democratico. Finora abbiam...o assistito a guerre per bande e corse allo spasimo per occupare poltrone redditizie e/o di visibilità nelle istituzioni. Non sono entrata nel PD per fare guerre, ma per vedere realizzato il mio sogno di costruire una società migliore che sta dalla parte degli ultimi. Non andrò via...seguirò il tuo consiglio di lavorare dall'interno ma , credimi, sta diventando molto pesante e ogni giorno mi riserva delle novità che mi lasciano basita. Non sono avezza agli "intrighi di palazzo" e forse per questo, ma con orgoglio e per mia fortuna, ancora me ne meraviglio . Spero di continuare ad indignarmi perchè vorrà dire che non mi sarò piegata alle logiche perverse di chi non ha a cuore la crescita del nostro partito.
RispondiElimina